
Cenni storici
“Una cittadella spirituale che ha conservato attraverso quasi 500 anni la religiosità dei suoi luoghi insieme alle rilevanti memorie storiche e figurative del suo importante passato”
Il Monastero di Santa Caterina sorge nel nucleo antico di Borgo San Lorenzo, al centro di un tessuto urbanistico che ormai da tempo ha superato le dimensioni del “Borgo” per assumere i caratteri di piccola città.
Il complesso composto dalla Pieve e dal Monastero, articolato su vari livelli e comprensivo di chiostro, loggiato, orti e ambienti interni quali il grande refettorio e il coro, tanto da divenire col tempo denominato “cittadella spirituale” per le sue dimensioni.
Nel primo decennio del Cinquecento, precisamente il 21 Dicembre 1515 Messere di Biagio dei Manti da Imola, definito “uomo di lettere e di esmplar vita”, richiede a Papa Leone X de’ Medici autorizzazione a fondare un monastero di suore terziare dell’ordine domenicano con concessione dello stesso Papa il 20 Gennaio 1516. Due anni dopo le suore terziare passano al secondo ordine di San Domenico iniziando così il percorso di clausura.
Fra il 1516 e il 1520 si costituisce il primo nucleo monastico mediante l’acquisizione e inclusione della primitiva sede della Compagnia degli Azzurri, di numerose abitazioni di via S. Francesco e di via S. Martino e altri lasciti da parte dei capitani di Parte Guelfa.
Le informazioni storiche e artistiche relative al Monastero presenti nella relazione sono tratte dal libro Il monastero di Santa Caterina a Borgo san Lorenzo – Storia, religione e arte di una “cittadella spirituale” a Borgo San Lorenzo AA.VV. Polistampa, 1997.
A seguito del passaggio, fra il 1523 e il 1543 sotto la giurisdizione domenicana, vengono eseguiti una serie di interventi per l’adeguamento degli spazi ma il terremoto che colpì il territorio del Mugello il 13 Giugno 1542, causando la morte di oltre 100 persone e danni a gran parte degli edifici, provocò il crollo di porzione della Pieve, di alcune celle e del colonnato. Si resero dunque necessari negli anni a venire, i restauri delle suddette parti.
Ma la seconda parte del 500 il Monastero si arricchisce di opere realizzate da Michele Tosini detto Michele di Rodolfo del Ghirlandaio, il quale dipinge due pale d’altare “L’annunciazione” e “Sposalizio mistico di Santa Caterina, fra i Frati Domenico e Lorenzo” oltre ad un quadro “Madonna con Bambino e San Giovannino”.
Fra il 1600 e il 1700 abbiamo una seconda importante espansione del complesso, deducibile da un confronto fra la Carta topografica dei Capitani di Parte Guelfa del 1584 nella quale viene raffigurato il castello di Borgo San Lorenzo e il Monastero, e una veduta della città rappresentata da Baccio del Bianco nel 1638: risultano terminati i lavori ai primi tre corpi di fabbrica (quello su via di san Francesco, quello via di San Martino e quello adiacente alla Pieve). Viene inoltre ampliato il refettorio e altri spazi a comune comportando la demolizione dell’antico affresco fatto dipingere da Damiano Manti al momento dell’istituzione del Monastero. Questi sono gli anni in cui il convento di arricchisce di numerose opere fra cui la raffigurazione di “Beato Papa Pio V” e la “Beata Agnese da Montepulciano”.
La soppressione da parte del governo francese degli organi religiosi in Toscana nel 1808 comportò una conversione del convento a caserma e la conseguente demolizione di alcuni spazi quali il coro all’interno della chiesa.
Nel 1817 muore Suor Reginalda Tosetti, la più importante delle religiose presenti la quale dedicò gli ultimi anni di vita al ripristino del monastero; un anno dopo le suore fanno ritorno al Monastero.
Nel 1866 abbiamo una seconda soppressione, questa volta da parte del governo italiano, ma le suore acquistano il convento realizzando il nuovo coro (a sostituzione di quello demolito nella conversione a caserma) e altri locali adiacenti alle mura borghigiane trecentesche.
Per molti anni non si hanno notizie del Monastero, sottoposto al regime di clausura fino al 1971, dei suoi ambienti, patrimoni, preziosi dipinti e antichi manoscritti che le suore hanno custodito con ammirevole devozione durante la loro permanenza; non viene citato né dai libri e né dalle guide come edificio presente sul territorio borghigiano, tanto che nell’edizione 1993 la Guida del Touring Club Italiano il Monastero di Santa Caterina non viene menzionato.

Nel 1939 il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, in occasione di un catasto edilizio, fornì la seguente descrizione architettonica circa il Monastero: “trattasi un complesso monumentale di costruzione rinascimentale (1500) a carattere tipicamente monastico, con cortile al centro, il cui perimetro interno è ‘porticato con colonne in pietra al piano terra e al primo piano, coperto da tettoria in cotto e travicelli in legno.”
L’edificio rispecchia infatti le caratteristiche tipiche dell’architettura conventuale domenicana, i quali venivano preferibilmente costruiti nelle città o comunque in luoghi già densamente popolati, per facilitare l’attività dei suoi predicatori, spesso appoggiandosi a chiese già esistenti.
Collegato alla chiesa il Monastero veniva a formare con questa una struttura unica. Intorno ad un cortile quadrato provvisto di un pozzo si sviluppava il porticato e sui lati di questo, al pianterreno, si trovavano in genere, oltre alla chiesa stessa, la sala capitolare, il refettorio, il parlatorio, la scuola e le officine. Al piano superiore c’erano le celle del dormitorio e la biblioteca. La cultura è un elemento importante per la vita dei domenicani e, rispetto agli altri ordini, le celle erano più grandi perché dovevano comprendere anche lo spazio per lo studio. La regola domenicana inoltre ammetteva la presenza di opere d’arte religiosa e soprattutto di decorazioni a fresco che potevano ricoprire con temi sacri le superfici libere della chiesa, del chiostro e delle celle.
Le informazioni storiche e artistiche relative al Monastero presenti nella relazione sono tratte dal libro Il monastero di Santa Caterina a Borgo san Lorenzo – Storia, religione e arte di una “cittadella spirituale” a Borgo San Lorenzo AA.VV. Polistampa, 1997